La città in un quarto d’ora” è il primo incontro del nuovo ciclo Vitruvio 4.0 – edizione 2020, promosso da Mitsubishi Electric per esplorare il tema della rigenerazione urbana da inedite prospettive

All’Architettura della Città, in questo millennio, è chiesto di trovare soluzioni a problemi, che traducono in modi nuovi i parametri vitruviani: solidità, utilità, bellezza. Oggi, come allora, la solidità deve fare i conti con la natura. Per lungo tempo l’abbiamo dimenticato finché cambiamenti climatici, consumo del suolo, inquinamento, terremoti e  inondazioni ci hanno ricordato che il modello urbano del ‘900 aggrava i problemi ambientali, senza rispondere ai nuovi bisogni dell’abitare. Così, anche l“Utilitas” di Vitruvio appare differente: liquidità ed evoluzione delle funzioni, co-housing e co-working, industria 4.0 ci impongono progetti diversificati.

“La città in un quarto d’ora” analizza la sfida che ci attende ora nel trovare soluzioni per adattare la città fisica, statica per definizione, alle nuove dinamiche sociali ed economiche, con l’obiettivo di offrire una migliore qualità di vita alla comunità. Vitruvio 4.0 si interroga e prova a fotografare la nuova città policentrica, con meno spostamenti e una vita sociale di quartiere, grazie al contributo di coloro che, in campi diversi, provano a rielaborare i paradigmi: architetti, committenti, amministratori ed imprese devono ascoltarli per disegnare la città futura.

Leopoldo Freyrie, architetto, ne ha discusso con:

  • Federico Parolotto, Senior Partner di MIC – Mobility in Chain, esperto di mobilità
  • Gianni Biondillo, Scrittore
  • Evelina Marchesini, Vicecaporedattore de Il Sole 24 Ore
  • Carlo Masseroli, City Executive di Arcadis Italia
  • Aldo Bonomi, Fondatore di AASTER – Associazione Agenti per lo Sviluppo del Territorio, Sociologo

Dall’interessante dibattito sul destino degli spazi pubblici nel panorama milanese alla luce del nuovo scenario imposto dall’emergenza sanitaria, si evince che: il nuovo modello è una città che guarda al passato, dal quartiere al borgo a cui Sharing Economy e Mobilità Elettrica stanno portando a inevitabili trasformazioni. E’ un progetto complesso che cambierà la natura dei luoghi dove viviamo, non tanto nelle architetture bensì nell’utilizzo, come stiamo già sperimentando, con un maggior sfruttamento degli spazi pubblici ad uso sociale e commerciale, sostituendo i parcheggi con i dehors.

A tal proposito, il nuovo progetto parigino de “La ville du quart d’heure” (ma già recepito dal PGT Milano 2030), in cui ogni cittadino in bici o a piedi può raggiungere qualunque servizio di cui abbia bisogno, prova ad applicare alla contemporaneità i principi della “unità di vicinato” di Clarence Arthur Perry dell’inizio del secolo scorso, mutuati dall’idea di Città Giardino di Howard che, tra l’altro, alla luce dell’attuale necessità di verde urbano, ci pare meno utopistica di un tempo. Se vogliamo tradurlo in un approccio culturale della nostra storia, si tratta della visione di una città composta di borghi, più che quartieri, capaci di garantire in un breve raggio tutte le funzioni necessarie al lavoro, alla vita e al tempo libero, ma in grado di cooperare a realizzare una comunità coesa.

La “città del quarto d’ora” è molto di più che un ballon d’essai politico a fronte della pandemia; è l’alternativa alla città “specializzata”: quella del centro e della periferia, del quartiere universitario e della movida, o della moda. Implica un sistema diverso di mobilità, un approccio innovativo alle regole delle destinazioni d’uso, una relazione differente tra l’infrastruttura verde e quella viabilistica. Inoltre, potenzialmente, cambia il mercato immobiliare.

Ma vediamo in dettaglio i vari interventi, con le parole dei diretti protagonisti.

Federico Parolotto: “Il tema centrale è la mobilità a piedi, che dovrebbe essere il modo di spostarsi per eccellenza. Dobbiamo parlare di città del pedone, e dobbiamo rimettere insieme le fila sottili della pedonabilità, con facilità di attraversamento. Da qui la città in 15 minuti”.

Gianni Biondillo: “Le città sono comprensibili solo attraversandole a piedi, con una esperienza globale. Del territorio. Ormai le periferie hanno anche 70 anni e quindi dove è il nuovo? Cosa è oggi periferia? La nuova metropoli è policentrica. Ormai la metropolitana parte da Novara e finisce a Brescia, e si muovono l’esercizio, le persone e l’economia. Il Futurismo è nato a Milano e non poteva essere altrimenti. Milano ha fatto della velocità il suo mantra, ma ora non dobbiamo più cercare la strada più breve tra due punti ma quella più interessate. La parola periferia non ha più significato oggi. Ci rendiamo conto di sapere poco della nostra città, perché ci si muove troppo in automobile. Questo è quanto fa Sentieri Metropolitani”.

Evelina Marchesini: “La città in 15 minuti deve essere alla portata del cittadino comune. Ma chi è il cittadino comune? Pochi possono permettersi di avere una casa si proprietà in centro a Milano. Oggi in 15 minuti chi abita in zone come Quarto Oggiono non può arrivare a servizi di cui deve usufruire. Riqualificazione e rigenerazione sono belle parola ma dobbiamo vedere come si attuano. Un esempio è quello che è successo a Nottingham Hill, che è diventarono quartiere morto, comprato per investimento ma senza più abitanti, servizi e negozi.

Vienna è diventata una città simbolo del policentro e del decentramento che funziona. Social housing: il 65% della popolazione vive in edilizia convenzionata fino a un reddito di 50 mila euro l’anno, dove il reddito medio è 35 mila euro. Quindi tutti possono usufruirne. Non in periferie estreme o squallide ma in posti interessanti, dove si parla anche di design, spazi dove è interdetta la circolazione delle auto ecc. Non puoi dire a che ceto sociale appartiene una persona. La città deve appartenere a tutti anche il centro”.

Carlo Masseroli: “Ho messo mano al piano regolatore del territorio che secondo me non doveva essere individuare un numero di abitanti su cui parametrare gli indici di costruzione, ma bisognava far si che la città fosse attrattiva, dove trovare quello di cui si ha bisogno. Costruisco finché la gente si trova bene e viene ad abitare. Avevamo introdotto tra gli indicatori anche la walkability, cosa si raggiunge in 10 minuti. Se ho tutto è 100, se non ho nulla è 0. Il piano regolatore del territorio deve essere fondato su un piano dei servizi, funzioni che non hanno business. Cosa fa città? Le funzioni che hanno valore collettivo ma che non riescono ad essere presenti dove i costi abitativi sono alti. La presenza di servizi nel tempo attira e il valore aumenterà. C’è stata una grande ridefinizione di pubblico e privato nella rigenerazione urbana, che on è un progetto ma un processo entro cui il progetto cambia continuamente, salve le variabili di interesse pubblico. Questo scontro oggi si è evoluto positivamente, con i reinventing cities in cui i privati si confronta o in un progetto di rigenerazione urbana. Ci vogliono funzioni che attiri o le persone in un luogo che luogo non è”.

https://climatizzazione.mitsubishielectric.it/it/vitruvio40/