Monet Opere dal Musée Marmottan Monet di Parigi: un approfondimento sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera del padre dell’Impressionismo

L’attesissima esposizione dedicata al più importante rappresentate dell’Impressionismo, Claude Monet, ha inaugurato la stagione autunnale di Palazzo Reale a Milano. Dal 18.09.2021 al 30.01.2022, il percorso espositivo accoglie ben 53 opere di Monet tra cui le sue Ninfee (1916-1919), Il Parlamento, Riflessi sul Tamigi (1905) e Le rose (1925-1926), la sua ultima e magica opera: un prestito straordinario non solo perché riunisce alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet, ma anche per l’enorme difficoltà di questo periodo nel far viaggiare le opere da un paese all’altro.

Il percorso cronologico ripercorre l’intera parabola artistica del Maestro impressionista, letta attraverso le opere che l’artista stesso considerava fondamentali, private, tanto da custodirle gelosamente nella sua abitazione di Giverny; opere che lui stesso non volle mai vendere e che ci raccontano le più grandi emozioni legate al suo genio artistico. All’ingresso, un gioco luminoso e di riflessione delle pennellate di Monet, introduce ludicamente al percorso espositivo.

Il Musée Marmottan Monet – la cui storia è raccontata nel percorso della mostra – possiede il nucleo più grande al mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, suo figlio, avvenuta nel 1966 verso il museo parigino – che prenderà proprio il nome di “Marmottan Monet”. Suddivisa in 7 sezioni e curata da Marianne Mathieu – storica dell’arte e direttrice scientifica del Musée Marmottan Monet di Parigi – l’esposizione introduce quindi alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica di Monet sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista.

I primissimi lavori raccontano del nuovo modo di dipingere en plein air con opere di piccolo formato, poi si passa ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville e le sue tante dimore. E’ questo il mondo di Monet, con le sue corpose ma delicatissime pennellate e con quella luce talvolta fioca e talvolta accecante che ha reso celebri capolavori come Sulla spiaggia di Trouville (1870), Passeggiata ad Argenteuil (1875) e Charing Cross (1899‐1901), per citarne alcuni.

La pittorica di Monet, l’Impressionismo insito nelle sue opere e le caratteristiche delle sue pennellate emergono in modo chiaro da un breve scritto di Guy de Maupassant: “Lo scorso anno, in questo paese, ho spesso seguito Claude Monet in cerca di ‘impressioni’. Non era un pittore, in verità, ma un cacciatore. Andava, seguito dai bambini che portavano le sue tele, cinque o sei tele raffiguranti lo stesso motivo, in diverse ore del giorno e con diversi effetti di luce. Egli le riprendeva e le riponeva a turno, secondo i mutamenti del cielo. E il pittore, davanti al suo soggetto, restava in attesa del sole e delle ombre, fissando con poche pennellate il raggio che appariva o la nube che passava… E sprezzante del falso e dell’opportuno, li poggiava sulla tela con velocità … L’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca, e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che, stranamente, rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un’altra volta ha preso a piene mani uno scroscio d’acqua abbattutosi sul mare e lo ha gettato rapidamente sulla tela. Ed era proprio la pioggia che era riuscito a dipingere, nient’altro che della pioggia che velava le onde, le rocce e il cielo, appena distinguibili sotto quel diluvio”.

La pittorica di Monet si stacca dallo stile accademico e si finalizza a cogliere l’attimo, le impressioni suscitate dal momento, un momento unico e irripetibile dove non ci saranno mai due situazioni con le stesse caratteristiche di luce, colori e movimento. Da qui la necessità di una pennellata veloce, larga, identificativa, libera da qualunque prospettiva e staticità. Il trionfo della luce e del colore.

Monet evitò sempre di utilizzare i bianchi e i neri, che non sono colori, e arrivò a teorizzare l’esistenza delle ombre colorate, mai completamente nere. Utilizzò sempre colori puri, che riflettessero la luce il più possibile. È per questo motivo che i suoi quadri emanano una luce intensa. Una pittura dettata da emozioni e che genera emozioni. In questo contesto, possiamo considerare Monet uno dei padri dell’Impressionismo. Alcuni pannelli interattivi sono dedicati proprio a queste importanti tematiche.

Nel 1890 che Monet acquista la sua casa a Giverny e realizza il suo sogno di dedicarsi al giardinaggio e di realizzare un bellissimo parco, il Clos Normand. “Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore” disse Monet. Il parco divenne così il suo modello quotidiano di ispirazione, dai salici piangenti ai viali di rose, dai laghetti con ninfee e carpe ai ponticelli giapponesi. Marcel Proust, nel suo “Alla ricerca del tempo perduto” ne fornì una descrizione molto suggestiva: “…Giacché il colore che creava in sottofondo ai fiori era più prezioso, più commovente di quello stesso dei fiori; e sia che facesse scintillare sotto le ninfee, nel pomeriggio, il caleidoscopio di una felicità attenta, mobile e silenziosa, sia che si colmasse verso sera, come certi porti lontani, del rosa sognante del tramonto, cambiando di continuo per rimanere sempre in accordo, intorno alle corolle dalle tinte più stabili, con quel che c’è di più profondo, di più fuggevole, di più misterioso – con quel che c’è d’infinito – nell’ora, sembrava che li avesse fatti fiorire in pieno cielo”.

Nel 1890 che Monet acquista la sua casa a Giverny e realizza il suo sogno di dedicarsi al giardinaggio e di realizzare un bellissimo parco, il Clos Normand. “Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore” disse Monet. Il parco divenne così il suo modello quotidiano di ispirazione, dai salici piangenti ai viali di rose, dai laghetti con ninfee e carpe ai ponticelli giapponesi. Marcel Proust, nel suo Alla ricerca del tempo perduto ne fornì una descrizione molto suggestiva: “…Giacché il colore che creava in sottofondo ai fiori era più prezioso, più commovente di quello stesso dei fiori; e sia che facesse scintillare sotto le ninfee, nel pomeriggio, il caleidoscopio di una felicità attenta, mobile e silenziosa, sia che si colmasse verso sera, come certi porti lontani, del rosa sognante del tramonto, cambiando di continuo per rimanere sempre in accordo, intorno alle corolle dalle tinte più stabili, con quel che c’è di più profondo, di più fuggevole, di più misterioso – con quel che c’è d’infinito – nell’ora, sembrava che li avesse fatti fiorire in pieno cielo”.

Ph. credits: Maria Rosa sirotti

Palazzo Reale
Piazza Duomo 12 – 20122 Milano (MI)

Orari

Lunedì chiuso
Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00 – 19.30
Giovedì 10.00 – 22.30
La biglietteria e l’ingresso chiudono un’ora prima

Prenotazione Gruppi e Infoline

02 892 9921